L’anno che verrà

La pandemia sanitaria passerà. Tutte le pestilenze prima o poi finiscono. Anche la guerra finirà anche se, per adesso ,l’unico a parlare di pace è il Papa Ma la pandemia economica e sociale resterà.

A meno che la fine di un incubo come la pandemia e di una tragedia come la guerra non segni l’inizio di una nuova era e la voglia di ricominciare non fornisca la spinta necessaria al cambiamento. Perché è chiaro che non si può tornare semplicemente indietro nel tempo alla situazione del 2019. Il PIL non può più essere la principale se non l’unica preoccupazione di un governo. Un dio al quale offrire quasi quotidianamente sacrifici umani. Non è più tollerabile, se mai lo è stato.

Ma per adesso non ci sono segnali incoraggianti. C’è chi si è rassegnato, ci rifiuta la realtà e chi vive nel passato. Come quelli che dovrebbero essere di sinistra, che sono divisi tra chi si è convertito da tempo al pensiero unico, chi pensa di essere ancora nel secolo scorso e chi combatte battaglie di retroguardia.

Adesso sono impegnati in una delle solite lunghe e laceranti discussioni che dovrebbe portare all’elezione di un nuovo segretario. Chissà se anche stavolta useranno il metodo del” Vai avanti tu che ci scappa da ridere”, come in un recente passato.

Mentre servirebbe qualcuno che, dopo aver preso atto dello stato delle cose, indicasse se non la strada, almeno la direzione da prendere.  Che proponesse nuovi modi per reagire alle tante ingiustizie, alla perdita dei diritti e della dignità di chi lavora.

Perché anche protestare è diventato difficile. Lo sciopero tradizionale è di diventato un’arma spuntata quando il padrone è una multinazionale o un inafferrabile fondo azionario. Uno dei tanti segnali che rivela, come certificò uno studio di una commissione europea qualche anno fa, che la lotta di classe l’hanno vinta i padroni. Anzi hanno stravinto. Non solo. Hanno anche cercato di convincerci che dobbiamo rassegnarci ad essere più poveri e a vedere i figli che avranno una vita molto più difficile e incerta dei loro padri.

E’ la dura legge del neoliberismo selvaggio, dato per morto tredici anni fa, ma ancora vivo e nocivo. Però sappiamo bene che niente è per sempre. Quindi adesso più che mai ci sarebbe bisogno di una cultura alternativa di nuove idee e sogni da realizzare o anche solo da inseguire.

Perché, come diceva Shakespeare, la vita è fatta della stessa materia della quale sono fatti i sogni e senza di essi la vita è triste e priva di prospettive. Quindi proviamo a ricominciare a sognare a lottare e a sperare.

Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito fin qui.. 

Buon Anno a tutti.

Dibattiti e battiti

Sabato pomeriggio durante un giro in centro ho sentito una voce che parlava di crisi della politica. Almeno così mi è sembrato. Ho seguito la voce e sono arrivato in una piazzetta dove era  in corso un dibattito sul rapporto tra giovani e politica.

Per un  attimo mi sono ricordato della famosa frase di Nanni Moretti quando diceva”No! Il dibattito no!” Ma era un periodo in cui, specialmente a sinistra, si dibatteva su qualsiasi argomento e, spesso, senza arrivare ad una conclusione. Tempi lontanissimi. 

Eppure in quella piazza c’erano parecchie persone, soprattutto giovani. Sono rimasto ad ascoltare e ho notato che, pur con motivazioni ed opinioni diverse, quelli che si sono alternati al microfono sembravano tutti intenzionati ad avvicinarsi alla politica. 

Più tardi, mentre tornavo alla macchina, due ragazzi mi hanno dato un volantino dove si invitavano i cittadini a partecipare ad una manifestazione contro gli sfratti e i pignoramenti. Se ricordo bene credo che l’ultima manifestazione di protesta risalga al 2019. In seguito il covid ha fermato tutto. Fino ad ora.

Stamattina ho incontrato sotto casa l’amico attivista dell’ormai ex PD che mi ha invitato ad un dibattito sul futuro della sinistra. Gli ho fatto notare che questo tema è stato dibattuto mille volte inutilmente. Ma lui ha risposto che “stavolta potrebbe essere l’inizio di un nuovo percorso. E’ un segno che il cuore malandato della sinistra continua a battere. Speriamo che i suoi battiti diano vita ad una fase politica veramente nuova”, ha concluso, con un filo di retorica.

Comunque sia, erano anni che non c’era tanto fermento in città. Ho pensato che forse la vittoria della Meloni,  comincia già a far sentire i suoi effetti. Forse servirà a  far muovere le acque da troppo tempo stagnanti della sinistra.

Che sia vero che non tutto il male viene per nuocere?

Solidarietà

“C’é una parola che in questo inizio di terzo millennio si usa poco e sembra aver perso il suo significato originale: solidarietà.

Decenni fa si usava per sostenere chi lottava per acquisire diritti, per difendere un posto di lavoro o denunciare ingiustizie. Anche nei confronti di popoli lontani.

Adesso la si sente pronunciare raramente e, spesso solo per formalità come si fanno gli auguri per le feste. Se qualcuno perde il lavoro ci comportiamo come se avesse contratto una malattia. Gli auguriamo pronta guarigione, ma facciamo gli scongiuri e speriamo che non capiti anche a noi.

Siamo diventati egoisti. Quarant’anni di neoliberismo hanno lasciato il segno. Tanto più che questa struttura economica si è consolidata fino a diventare inattaccabile, inamovibile, inossidabile. Come pensa anche gran parte della sinistra.

I più coraggiosi cercano solo di limitarne i danni. Niente di più. Questo ha generato sfiducia nei confronti della politica e delle sue istituzioni. Ogni tanto speriamo che sia arrivato qualcuno in grado di cambiare le cose, ma poi rimaniamo sempre delusi.

Poi è arrivata la pandemia che ci ha reso ancora più cattivi, ansiosi e diffidenti. Così ci chiudiamo a riccio e cerchiamo di andare avanti come possiamo senza curarci troppo dei problemi degli altri presi come siamo dai nostri.

Al punto che non suscitano più indignazione e solidarietà nemmeno le tante morti sul lavoro che hanno già superato quelle dello scorso anno. Tuttavia, ogni tanto, riscopriamo il senso della comunità, ma quando arrivano dei profughi dai quali ci sentiamo minacciati.

Oppure riprendiamo a coltivare le relazioni di vicinato solo quando cerchiamo di difenderci dai ladri. 

Ormai reagiamo solo se siamo coinvolti in prima persona, quando i problemi bussano alla nostra porta. Infatti protestiamo contro il Green Pass perché ci riguarda tutti e con una determinazione degna di miglior causa.

Intanto la sinistra o quello che ne è rimasto, solidarizza. Ma con il cdx e il super neoliberista Draghi. “

lo sfogo di un conoscente, sindacalista di longo corso, mi lascia con l’amaro in bocca. Mi sforzo di essere più ottimista, ma è terribilmente difficile.

Presunto innocente

Noi italiani siamo soliti dividerci su tanti temi. Più o meno come la sinistra o quello che ne è rimasto. Ultimamente ci siamo divisi tra catastrofisti e ottimisti, aperturisti e rigoristi e, classico dei classici, tra colpevolisti e innocentisti.

Ma sul banco degli imputati  questa volta non ‘c’è una persona, ma il vaccino dell’Astra Zeneca. I colpevolisti, di solito, sono di destra: Spinti dal loro atlantismo novecentesco fanno il tifo per i vaccini made in USA.

Mentre a sinistra sono quasi tutti innocentisti. Quelli che appoggiano il governo Draghi sostengono che gli italiani devono approvare il controverso vaccino,  altrimenti potrebbe saltare il perfetto piano vaccinale del governo. Mentre la corrente radical chic della sinistra è convinta che ci sia un complotto per screditare il vaccino europeo a favore di quelli d’oltre oceano. 

Quello che è certo è che, al di là della sua reale efficacia e sicurezza il vaccino Astra Zeneca è sicuramente nato male, come il PD.

La casa farmaceutica, infatti, dopo avere previsto la somministrazione in due dosi, aveva annunciato che, forse, una dose era meglio di due. Con percentuali di efficacia che andavano dal 60 all’80% .Già questo aveva suscitato ironie e perplessità. Tanto più che i due vaccini americani dichiaravano percentuali prossime al 100%.

Con il risultato che anche parecchi addetti ai lavori, avevano sentenziato che i vaccini della Pfizer e di Moderna erano sicuramente migliori perché tecnicamente più moderni ed affidabili.

Poi è arrivato l’annuncio che il vaccino di Oxford era più adatto a persone tra i 18 e i 55 anni. Qualche giorno dopo il limite è stato alzato a 65 anni. Anche questo balletto certo non ne ha aumentato il gradimento. Ma, in seguito, sembrava potesse riprendere quota grazie alle notizie che arrivano da oltre manica dove, grazie alla vaccinazione di massa con il fatidico vaccino, i casi di contagio stavano scendendo velocemente.

Poi, però, a raffreddare gli entusiasmi ci ha pensato la notizia che, forse, non era efficace contro le varianti, in particolare contro quella sudafricana. Questo ha fatto scendere di un altro gradino la fiducia degli italiani e non solo.

Quindi è arrivata la mazzata finale: il lotto assassino. I media ci si sono avventati sopra come cani affamati su un osso. Qualcuno ha persino riesumato la tv del dolore, con collegamenti in diretta dalla casa delle presunte vittime del vaccino.

 A questo punto la fiducia nel farmaco di Astra Zeneca è precipitata sotto il livello di guardia. Nonostante  l’impegno dei soliti esperti nostrani e dii quelli  dell’EMA che snocciolano rosari infiniti di numeri e percentuali di reazioni avverse che cominciano tutte con uno zero virgola, far tornare la fiducia sembra difficile come far rientrare il dentifricio nel tubetto.

Tanto più che una grande fiducia verso questo farmaco non c’è mai stata.

Echi di sinistra

Anni fa era molto di moda stilare elenchi di cose e comportamenti di destra o di sinistra. Ad esempio la trasgressione era di sinistra e il conformismo di destra. Le riforme erano di sinistra, lo status quo di destra. La pornografia era di destra, mentre l’erotismo era considerato di sinistra. E via di questo passo.

Adesso, invece il mondo sembra diviso tra negazionisti e non. Se qualcuno ne avesse parlato nel secolo scorso sarebbe stato preso per matto. Le conquiste della scienza, i fatti storici, i diritti conquistati in secoli di lotte, la democrazia stessa erano considerati come definitivamente acquisiti e patrimonio comune di tutti.

Invece oggi, dopo decenni di antifascismo c’è chi rivaluta il ventennio e chi sostiene che i campi di concentramento era in realtà delle spa. Oppure c’è chi teorizza nuovi assetti socio politici indicando la cosiddetta democrazia illiberale, che poi altro non è se non una dittatura, come rimedio ai problemi del terzo millennio. 

Molti liquidano questi fenomeni come frutto di ignoranza, superficialità, strapotere dei social, effetti collaterali della globalizzazione ecc. Tutti elementi che hanno avuto un ruolo importante nella involuzione a cui assistiamo da anni, ma ci deve essere qualcosa di più. Certo non basta un articolo come questo a esaminare tutti gli aspetti del problema. Non basterebbe nemmeno un corposo volume. 

Posso solo sottolineare che una delle cause principali sembra sia la mancanza di modelli di comportamento da seguire, oltre a quelli proposti dai vari influencer, naturalmente. Mancano del tutto idee e passioni in grado di proporre validi rimedi alle tante ingiustizie della società neoliberista. 

Qualcuno ha visto nell’ecologia, che da anni mette l’accento sui problemi ambientali ormai sempre più evidenti, una via maestra percorribile da tutti, con un orizzonte a cui tendere. La salvezza del nostro pianeta dovrebbe stare a cuore a tutti.

Ma la crisi economica ormai cronica ha messo in secondo piano i problemi ambientali. Ogni tanto tornano alla ribalta, ma senza riuscire a prendere il posto che una volta era dei massimi sistemi e delle utopie novecentesche che pur essendo meno concrete, avevano un certo fascino culturale.

Ricordo che un paio di anni fa un noto documentarista era tornato in città dopo parecchi anni per presentare la sua ultima fatica. Durante la presentazione disse.” Una volta in città si parlava di politica, di cinema, addirittura di filosofia, mentre adesso non sento parlare che della raccolta dei rifiuti. Ma come siete messi!” 

Era il periodo in cui qualcuno in comune aveva pensato di risolvere il problema dei rifiuti facendo sparire i cassonetti e promuovendo la raccolta porta a porta.  Un’iniziativa che aveva provocato parecchie polemiche. 

Da allora non è cambiato molto. Siamo ancora messi male e non solo da queste parti.