Il lattaio

Da quando è nato il nuovo governo i giornali principali, in particolare quelli del gruppo Gedi, sono passati all’opposizione. Ogni giorno le loro cronache politiche fanno le pulci ai provvedimenti del governo Meloni. Stranamente ma non troppo, quello che esprime la critiche più feroci è l’Huffpost, la testata più a destra delle tre.

Alcuni dei suoi opinionisti arrivano a definire i politici al governo caricature di se stessi impegnati a inscenare una imbarazzante operetta che ogni giorno si arricchisce di episodi tragicomici. 

Repubblica e la Stampa non arrivano a tanto, ma sono comunque molto critici sui provvedimenti del governo. Anche Domani si è schierato contro il governo. A tal punto che Meloni lo ha querelato.

Che siano tutti diventati improvvisamente di sinistra? La Meloni ha fatto il miracolo? Oltre a quello di far sparire il Covid?

La realtà, forse, è molto più semplice. Gli editori e i loro finanziatori  non vedono di buon occhio la Meloni. Certo è di destra e questo va bene, ma è un pò troppo di destra e non lo nasconde. Cosa che può generare tensione sociale e, magari, anche se adesso appare una prospettiva remota, ridare vita ad una sinistra piuttosto spenta.

Poi, cosa molto importante, potrebbe non distribuire i soldi del Pnrr  ai soggetti giusti. Insomma la vedono come un’intrusa, una mosca nel latte dei loro affari.

Perché il loro lattaio preferito, adorato, era Draghi. E sperano che ritorni in persona o con un suo fidato collaboratore. Altro che sinistra.

Il cugino svizzero

Ieri ho incontrato un mio lontano cugino, non ricordo più di quale grado, tornato in Italia dopo qualche anno di assenza, per un periodo di vacanza. Vive in Svizzera, dove era emigrato una ventina di anni fa e lavora, come tecnico informatico, al Cern. Ci siamo visti in una via del centro e ci siamo fermati in un bar a prendere un caffè. 

Era da quelle parti per fare acquisti e cercava un certo negozio di abbigliamento dove andava abitualmente anni fa, ma non l’aveva trovato. Gli ho spiegato che quel negozio ha chiuso i battenti da tempo, come tanti altri. La crisi economica infinita e poi il Covid hanno colpito duro anche qui.

Lui si è dispiaciuto, ma poi ha aggiunto che adesso sicuramente andrà meglio. “Al governo c’é Draghi, ha detto, l’uomo che ha salvato l’euro, quindi siete in buone mani, anzi ottime. Infatti il PIL sta risalendo rapidamente dopo la pandemia.” Ho ribattuto che adesso c’è la guerra e il PIL è  già sceso sotto zero. Ma lui, senza esitare, ha risposto che la guerra prima o poi finirà con la sconfitta di Putin e l’economia si riprenderà presto. Sorpreso, gli ho chiesto da dove venisse tanto ottimismo.

Allora mi ha spiegato che, pur vivendo all’estero, segue le nostre vicende politiche ed economiche leggendo regolarmente i giornali italiani, soprattutto Repubblica e il Corriere della Sera. A questo punto ho cercato di spiegargli che quelli sono giornali filo governativi che hanno un punto di vista spesso lontano dalla realtà. Che in Italia ci sono in media tre morti sul lavoro al giorno, che gli stipendi sono tra i più bassi d’Europa, che il lavoro precario è diventato la regola e che i diritti dei lavoratori sono stati molto ridotti. Di fronte a questo elenco di problemi si è detto stupito, ma ha ribadito la sua fiducia in Draghi.  

Ma, poco dopo, mentre parlava della sua vita a Ginevra mi ha confidato l’intenzione di comprare un appartamento, piccolo perché da quelle parti costano tanto. Ha detto che intendeva farlo soprattutto per investimento. “Perché in Svizzera tenere i risparmi in banca non conviene più come una volta. Investire i titoli, azioni od obbligazioni è diventato rischioso e per lasciare i soldi sul conto corrente bisogna pagare il deposito.” Allora gli ho fatto notare che ad introdurre i tassi negativi sui depositi bancari era stato Draghi quando era a capo della BCE.  Provvedimento che, in seguito, era stato adottato anche da alcune banche svizzere.

A questo punto, si è un pò rabbuiato , sia pure per un attimo. Forse sono riuscito a fargli venire il dubbio che i Italia non viviamo nel migliore dei mondi possibili. Chissà!

Rassegna stampa

Solo pochi anni fa c’era qualcuno, un tizio di Arcore, che si lamentava dell’ egemonia culturale della sinistra. Sosteneva che la cultura e l’informazione erano monopolio della sinistra. Non perdeva occasione per dare la colpa dei mali dell’Italia e del mondo ai comunisti anche se di comunisti in giro non ce n’erano più. Ma lui continuava a combatterli con le sue reti televisive ed i suoi giornali.

Non so se abbia cambiato idea, ma di sicuro oggi il panorama dell’informazione italiana è tutt’altro che di sinistra. L’Unità ha chiuso i battenti da tempo, mentre l’unico giornale che si dichiara ancora comunista, il Manifesto, non ha certo una diffusione paragonabile a quella del Corriere, della Stampa o di Repubblica.

Quest’ultimo era nato come giornale di sinistra che doveva fare concorrenza addirittura all’Unità che allora, alla fine degli anni settanta, poteva ancora vantare un certo numero di lettori ed abbonati. Negli anni successivi era diventato un giornale di sinistra sui generis che guardava al centro e a quello che rimaneva del pensiero liberale. Ma dava comunque fastidio al tizio di Arcore che cercò di comprarlo senza riuscirci.

Da sempre critici nei confronti dei partiti della sinistra con l’intenzione, dicevano, di stimolarne il rinnovamento gli editorialisti di Repubblica offrivano spesso preziosi consigli al segretario di turno. Consigli non richiesti che, quando sono stati ascoltati, non hanno prodotto grandi risultati. come nel caso di Renzi, l’ultimo che li ha fatti propri.

Spesso mi sono chiesto se quei suggerimenti avessero lo scopo di mandare in malora chi li avesse ascoltati. Chissà! Comunque sia ormai è tutta acqua passata.

Il direttore Molinari, sostiene, infatti, da tempo, che destra e sinistra sono categorie ormai superate. Il che tradotto significa che anche Repubblica si sta ormai aggiungendo al lungo elenco di giornali vicini alla destra.

Come ben sa Carlo De Benedetti storico editore di Repubblica che, infatti, lo scorso autunno ha fondato Domani un nuovo giornale, che avrebbe dovuto essere finalmente di sinistra per contrapporsi a “Repubblica”.

Invece l’unica cosa che è collocata a sinistra in quel giornale è il nome della testata, nella prima pagina.

Quindi il panorama dei media italiani rimane desolante. A quanto pare ogni editore pensa che, visto che la maggioranza degli italiani è di destra, per avere successo bisogna andare in quella direzione.

C’è una sola eccezione a tutto questo: l’Avvenire: Il quotidiano della Cei, anche prima di essere ispirato da Papa Francesco era l’unico giornale con dei punti di vita di sinistra e, negli ultimi tempi, ha pure aumentato la tiratura. Certo non è un giornale rivoluzionario, ma bisogna accontentarsi. E tutto quello che passa il convento.

Segretaricidio

La notizia era nell’aria da un paio di settimane, ma adesso è ufficiale. Zingaretti è stressato, sfinito, perfino incazzato e vuole dimettersi. 

Il primo segnale si era manifestato qualche settimana fa. Quando Concita De Gregorio, su Repubblica, lo aveva definito onesto, volenteroso, ma privo di iniziativa e ancora di più di carisma. Fin qui niente di strano. I giornali su di lui hanno scritte tante cattiverie che una in più, non sembrava potesse fare una gran differenza. 

Invece quella volta aveva risposto duramente accusando la giornalista di essere una radical chic, di appartenere a quel gruppo di persone che pretendono di dare lezioni a tutti e hanno distrutto la sinistra. Parole inusuali per un uomo tranquillo come lui. Anche se pronunciate dopo anni di consigli, pessimi e non richiesti, che l’ex giornale di sinistra ha dato molto spesso al PD.

Tuttavia quelli che pensano le cose peggiori di lui non sono solo nelle redazioni dei giornali, ma anche in casa sua, nel PD. Le varie correnti interne rimaste sotto traccia per mesi, dopo la capriola di Renzi, hanno cominciato a soffiare più forte di prima. Soprattutto Base Riformista che raccoglie i renziani rimasti nel PD e i cosiddetti Giovani Turchi.

A quanto pare entrambi i gruppi, ma sono solo illazioni., da tempo vorrebbero sostituire Zingaretti con Bonaccini, attuale presidente dell’Emilia Romagna e renziano a intermittenza, che sognerebbe di diventare il nuovo uomo forte del PD.

Mentre Zingaretti, da quando è segretario, non fa che parlare di partito plurale, non personalistico e aperto alla società. Idee da sviluppare in un congresso che, però, a causa della nascita inattesa del governo Conte bis prima, e della pandemia poi, non c’è mai stato. Ci mancava solo la partecipazione forzata al governo Draghi che ha fatto venire alla luce le divisioni interne e il vuoto di idee del partito mettendo ancora una volta a rischio l’esistenza stessa del PD oltre che il futuro politico dello stesso Zinga. Il quale ha capito che alcuni stavano affilando i coltelli per pugnalarlo alle spalle e con l’annuncio delle sue dimissioni ha tentato di anticiparli per schivare i colpi. 

Infatti alcuni, adesso, gli chiedono di ripensarci perché non erano ancora pronti al segretaricidio. Un delitto, che, oltretutto, rimarrebbe impunito perché non ci sarebbe il commissario Montalbano ad assicurare alla giustizia i colpevoli. 

Anche i più vicini a lui gli chiedono di restare, naturalmente con uno spirito diverso. Gli stanno dicendo:”Dai Nicola, rimani, sparisci insieme a noi!”

Libera stampa

“Ghana, Sud Africa, Burkina Faso, Botswana, sono solo alcuni dei paesi dove vi è una maggiore libertà di stampa rispetto all’Italia. Nella classifica annuale di Reporters San Frontiers, la più grande associazione internazionale in difesa dei giornalisti di tutti il mondo, l’Italia è al 41esimo posto con un punteggio che si abbassa ancora del -1.29 per cento, nonostante abbia scalato due posizioni rispetto al 2019.”
Questa sconfortante notizia l’ha recentemente pubblicata il World Press Freedom Index e la situazione non sembra affatto destinata a migliorare.
Purtroppo, anche nel mondo dell’informazione la meritocrazia non esiste più da tempo. Un gionalista bravo e competente potrebbe fare di testa sua e creare problemi. Mentre uno mediocre eseguirà senza discutere gli ordini dell’editore.
I giornali e le tv di destra seguono queste linee guida da sempre.
Ma anche altri si stanno adeguando.

Basta dare un’occhiata, ad esempio, al nuovo organigramma del gruppo Gedi, quello di Repubblica, Stampa e Huffington Post.

Minimo Giannini , giornalista senza qualità, direttore della Stampa! Mattia Feltri, al quale manca del tutto  la forza dialettica, seppure a tratti oscena, del padre Vittorio, è diventato direttore dell’Huffington Post!

Mentre il mite ed equilibrato, ma forse troppo di sinistra, Carlo Verdelli è stato licenziato su due piedi dai nuovi padroni torinesi come se fosse un operaio indisciplinato della Fiat.

E pensare che il gruppo editoriale Repubblica-Espresso fondato da Eugenio Scalfari una volta era di sinistra e, a cavallo tra gli anni ottanta e novanta, aveva ingaggiato una lunga battaglia legale per non finire nella mani di Silvio Berlusconi.

Sulle sue pagine si potevano leggere articoli firmati da Giorgio Bocca, Enzo Biagi, Umberto Eco, Gianni Brera, Alberto Arbasino e tanti altri intellettuali degni di nota.

A me dispiace particolarmente che il suo spirito innovativo sia stato messo definitivamente da parte , perché Repubblica è stato il primo giornale a cui ho collaborato.