Il Conte tacchia

Stando a quello che raccontano giornali e tv, Conte è spacciato: Dovrà presto tornare al paese dove, invece che i famigerati DPCM, leggerà  ancora una volta, libri sulla vita e i miracoli di padre Pio.

Oppure il suo governo sarà salvato da una pattuglia di responsabili, non ispirati dal santo di Pietralcina, ma dal miraggio di poltrone, strapuntini e seggiole di governo. Ma questo, sempre secondo giornali e tv, sarebbe un rimedio  spregevole oltre che provvisorio e inaffidabile come le tacchie di legno che si mettono sotto i  piedi dei mobili traballanti. Non a caso il termine responsabili è dispregiativo. Infatti richiama subito alla mente Razzi e Scilipoti, i due peones diventati icone del trasformismo italico.

La possibilità che forzisti in fuga da Arcore  e centristi assortiti, entrino a far parte del governo, infatti, è vista come fumo negli occhi da quasi tutti gli opinionisti. Alcuni di loro vagheggiano un governo tecnico con a capo Draghi o un governo con dentro tutti, da Leu a FDI. Solo pochissimi auspicano un altro governo Conte. I più convinti sono quelli del Fatto Quotidiano, ma sono  grillini da sempre, quindi non fanno testo.

Mentre quelli più di sinistra sono decisamente contrari. Per l’occasione hanno lanciato un nuovo tipo di commentatore politico, il televenditore. Venerdì sera sula 7 ci ha spiegato il suo punto di vista niente meno che Giorgio Mastrota, noto venditore di pentole e casalinghi vari. Per l’occasione ha lanciato il suo anatema contro i voltagabbana.

Lo stesso concetto lo ha ribadito Cerno, ex direttore dell’Espresso, che è arrivato a dire che sarebbe meglio un governo di destra di un Conte tre. In linea con la tradizione novecentesca che Nanni Moretti riassunse con la famosa battuta:”Continuiamo così, facciamoci del male”.

Non c’è niente da ridere

Un paio di settimane fa ho incontrato un mio ex professore di università.

Insegna sociologia della comunicazione. Mi ha raccontato che un suo allievo voleva preparare una tesi di laurea sul cinema comico. Aveva intenzione di analizzare il rapporto tra il personaggio comico e la società.

Ma lui ha rifiutato sostenendo che una tesi del genere si poteva proporre trent’anni fa, ma non nel terzo millennio.

Perché, secondo lui, di comici veri in giro per il mondo ne sono rimasti pochi. In Italia ancora meno. Al cinema ci sono solo macchiette e in tv tanti cabarettisti sui generis che prendono in giro mogli, fidanzate e parenti vari, oppure fanno il verso a qualche spot pubblicitario.  Ma non fanno ridere.

Però, sostiene il prof., non è tutta colpa loro. Il mondo è cambiato. Un volta quello comico era un personaggio che cercava comportarsi come un cittadino medio, normale, ma senza riuscirci. Dai suoi inutili tentativi scaturiva la comicità e la denuncia delle distanza incolmabile tra i modelli di comportamento imposti dalla società occidentale e la realtà.

Ma adesso in questa società liquida non ci sono più modelli veri e propri da imitare o da prendere in giro

Così l’unica comicità rimasta è quella involontaria di tanti personaggi pubblici, soprattutto politici.

A cominciare da un ex presidente che racconta vecchie barzellette anni cinquanta.
Poi c’è quello che imita male un dittatore del passato. Un altro che pensa di essere ancora presidente del consiglio.

Un altro ancora che pensava di essere un ministro e tanti altri che, ogni giorno, fanno la parodia di se stessi.

Oltre naturalmente ai personaggi folcloristici alla Razzi.

Ma anche loro, pur essendo potenzialmente comici, non fanno ridere.