
Da tanti anni ormai tutti i giorni ci piovono addosso migliaia, milioni di parole. Escono dalla bocca di politici, giornalisti, personaggi dello spettacolo, della cultura, esperti di vario genere e perfetti sconosciuti.
Nella maggior parte dei casi compongono frasi che non hanno un senso compiuto. Sono parole in ordine sparso che, di volta in volta, servono a blandire i potenziali elettori, a suscitare polemiche per farsi notare, a lisciare il pelo al politico o all’editore di riferimento, quello che paga lo stipendio.
Mentre sui social spesso esprimono sentimenti momentanei, rabbia, frustrazione, intolleranza. Basti pensare alle parole dei no vax o dei complottisti. Poi ci sono gli invidiosi a volte anche postumi. Ad esempio, quando muore un artista, ad esempio uno scrittore o un cantante c’è sempre qualcuno, di solito poco noto al grande pubblico oppure del tutto sconosciuto, che si premura di far sapere al mondo che a lui quell’artista proprio non piaceva. Pareri non richiesti e che non interessano a nessuno.
Poi ci sono le parole fuori luogo o esagerate. In questi giorni di guerra si sente parlare troppo spesso di eroi, dittature, resistenza e democrazia. In tal modo le parole diventano banali e si allontanano sempre più dal loro significato originale.
Come diceva anni fa Julia Kristeva, le parole non si riferiscono più alla cosa, ma alla parola della cosa, ovvero alla parola svuotata del suo significato originale. Una volta svanite le ideologie, a poco a poco, sono sparite anche le idee, soprattutto quelle nuove: La crisi ormai cronica dei partiti ne é l’esempio più lampante.
Anche le parole della scienza non stanno molto bene. Durante questi due lunghi anni di pandemia abbiamo visto medici e ricercatori insultarsi ed esprimere concetti non sempre esatti con parole che prima erano consolidate e frutto di anni di studi e ricerche. Invece adesso sono state travolte dall’ondata mediatica che le ha banalizzate e messe sullo spesso piano dell’opinione di un qualsiasi politico.
Alla fine questa immensa nuvola di parole, spesso inutili, vale quanto la lunga e rumorosa scoreggia di Biden. Ma quella, almeno, ci ha fatto ridere.