Parole sparse

Da tanti anni ormai tutti i giorni ci piovono addosso migliaia, milioni di parole. Escono dalla bocca di politici, giornalisti, personaggi dello spettacolo, della cultura, esperti di vario genere e perfetti sconosciuti.

Nella maggior parte dei casi compongono frasi che non hanno un senso compiuto. Sono parole in ordine sparso che, di volta in volta, servono a blandire i potenziali elettori, a suscitare polemiche per farsi notare, a lisciare il pelo al politico o all’editore di riferimento, quello che paga lo stipendio.

Mentre sui social spesso esprimono sentimenti momentanei, rabbia, frustrazione, intolleranza. Basti pensare alle parole dei no vax o dei complottisti. Poi ci sono gli invidiosi a volte anche postumi. Ad esempio, quando muore un artista, ad esempio uno scrittore o un cantante c’è sempre qualcuno, di solito poco noto al  grande pubblico oppure del tutto sconosciuto, che si premura di far sapere al mondo che a lui quell’artista proprio non piaceva. Pareri non richiesti e che non interessano a nessuno.

Poi ci sono le parole fuori luogo o esagerate. In questi giorni di guerra si sente parlare troppo spesso di eroi, dittature,  resistenza e democrazia. In tal  modo le parole diventano banali e si allontanano sempre più dal loro significato originale.

Come diceva anni fa Julia Kristeva, le parole non si riferiscono più alla cosa, ma alla parola della cosa, ovvero alla parola svuotata del suo significato originale. Una volta svanite le ideologie, a poco a poco, sono sparite anche le idee, soprattutto quelle nuove: La crisi ormai cronica dei partiti ne é l’esempio più lampante.

Anche le parole della scienza non stanno molto bene. Durante questi due lunghi anni di pandemia abbiamo visto medici e ricercatori insultarsi ed esprimere concetti non sempre esatti con parole che prima erano consolidate e frutto di anni di studi e ricerche. Invece adesso sono state travolte dall’ondata mediatica che le ha banalizzate e messe sullo spesso piano dell’opinione di un qualsiasi politico.

Alla fine questa immensa nuvola di parole, spesso inutili, vale quanto la lunga e rumorosa scoreggia di Biden. Ma quella, almeno, ci ha fatto ridere.

Vacanze romane

Gabbiano al Campidoglio

Non vado a Roma ormai da un paio di anni, dall’ottobre del 2019. Per lavoro o per qualche giorno di vacanza negli ultimi anni ci ero capitato spesso, ma non avevo notato niente di strano. Adesso, invece, secondo le cronache dei giornali, sembra che la città sia stata invasa da volatili e quadrupedi.

Durante i miei vari soggiorni avevo visto frotte di piccioni aggirarsi in piazza Venezia, alcuni gabbiani contendersi a colpi di becco un pezzo di pizza abbandonato sul tetto di una macchina e centinaia di storni volteggiare minacciosamente nel cielo. Ma mi avevano detto che era tutto normale. Comunque di cinghiali non ne avevo visto nemmeno uno. Magari ne incontrerò qualcuno il prossimo novembre quando forse tornerò da quelle parti. 

Durante questi lunghi mesi di Covid mi è capitato di vedere una serie di documentari naturalistici che mostravano la capacità di adattamento di alcune specie animali all’ambiente urbano che, in una puntata, era proprio quello di Roma.

Dove alcuni uccelli trovano più comodo andare a pranzo al self service dei cassonetti della spazzatura, che non andare a caccia di insetti o altre possibili prede. Si trovano talmente bene che non emigrano neppure più. Dopo tutto il clima è mite tutto l’anno e il cibo sempre abbondante. 

Allora ho pensato che, in fondo, molti politici fanno lo stesso. Infatti a Roma si trovano benissimo e non vorrebbero più andarsene. Tuttavia la loro capacità di adattamento spesso si limita alla vita nell’Urbe. Mentre ai cambiamenti sociali ed economici non si adattano così facilmente. Forse perché non li capiscono.

Smemorati

Secondo un diffuso luogo comune gli italiani hanno la memoria corta. Elettori o politici che siano. Infatti gli elettori tendono a dimenticare le malefatte dei politici. Mentre i politici non si ricordano mai le malefatte che loro stessi hanno commesso.

In questo giorni di malattia, ad esempio, i politici, nei loro discorsi, citano spesso i medici che rischiano la vita per salvarne altre. Lanciano lodi altisonanti a tutti gli operatori del SSN.
Si sono dimenticati i tagli che hanno fatto alla sanità pubblica favorendo sfacciatamente e, talvolta illegalmente, quella privata.

Non si ricordano nemmeno che quei medici dai quali adesso potrebbe dipendere la loro vita hanno atteso dieci anni per avere il rinnovo del contratto di lavoro.

Ma è tutta acqua passata. D’ora in poi per la sanità pubblica italiana cambierà tutto. Ci saranno nuove assunzioni, più posti letto, più soldi, ricchi premi e cotillons.

Hanno paura. Sanno che gli elettori perdonano, il virus no.

Rumori di fondo

Tra i tanti italiani messi in quarantena ce ne sono due che, più degli altri, vorrebbero tornare alla luce del sole, anzi a quella dei riflettori. Sono politici e hanno le stesso nome di battesimo.

Passano il tempo lanciando proclami e accuse al governo. Uno ha anche fatto delle proposte indecenti al presidente della repubblica. Scalpita, morde il freno, vuole tornare a girare per l’Italia facendo selfie e raccogliendo consensi. La sua assenza dalle piazze potrebbe far diminuire i consensi e i voti.

Mentre l’altro è preoccupato dal fatto che la percentuale dei contagiati potrebbe essere molto simile a quella che otterrebbe il suo partito alle prossime elezioni.”

Ma si comporta come se non fosse successo nulla e ripete le stesse cose che diceva una settimana fa.

Tuttavia in entrambi i casi le loro grida sono solo rumori di fondo nella interminabile diretta di: “Tutto il virus minuto per minuto.”

Ma a loro del corona virus non importa molto.

Sono positivi a quelli del protagonismo e la loro paura più grande è quella di diventare irrilevanti.