Ubiquità

Da parecchie settimane la situazione politica sembra cristallizzata, immobile e ripetitiva. Ogni giorno leggiamo, come sempre, raffinate e sottili disquisizioni sulle parole dette e non dette da Draghi.

Le ultime sono quelle scritte sul pasticcio delle misure anticovid che lo ha visto costretto, per la prima volta, a faticosi compromessi che hanno dato vita a misure  probabilmente utili solo a creare confusioni e conflitti. Ma che importa.

Dicono che è comunque un buon segno. Vuol dire che i partiti ritornano a far sentire al loro voce a svolgere il loro ruolo democratico. Che poi i partiti in questione siano la Lega e FDI che esprimono idee non proprio democratiche è solo un dettaglio.

Ma Draghi non ha gradito. Il compromesso non è nella sue corde. Lui è abituato a dare ordini e a vederli eseguire. Perché sa cosa è meglio per il paese, anzi per il suo Pil. Infatti i giornali  scrivono ogni giorno, da mesi, che il Pil è in crescita e Draghi è il suo profeta.

Non dicono che la crescita attuale è stata favorita dalla finanziaria del precedente governo. Non spiegano nemmeno a che prezzo il Pil sta crescendo. Aumento degli infortuni sul lavoro, delle disuguaglianze e della povertà. E neppure si sente più dire che l’ex BCE non è mai stato eletto. Un tormentone che abbiamo sentito per anni, da Monti a Conte, passando per Renzi.

Ma Draghi è l’ennesimo unto del Signore, l’uomo della provvidenza, una grande risorsa per il paese. Talmente preziosa che molti vorrebbero si sdoppiasse. Così potrebbe rimanere al governo e contemporaneamente andare al Quirinale. Ma tra le tanti doti  a lui attribuite i non c’è quella dell’ubiquità. Una mancanza che tormenta i partiti da settimane.

Ma lui ponendo fine all’imbarazzo generale, sembra aver trovato la soluzione del problema. Prenderà il posto di Mattarella e metterà il pilota automatico al governo. Ovvero piazzerà un suo uomo di fiducia, un alter ego, a fare il premier.  Semplice e geniale. i politici non ci avevano ancora pensato e, forse, non ci penseranno mai. Chissà!

Un amore cieco

“Sta succedendo di nuovo. Da non crederci. Eppure è vero. Quando arriva un nuovo protagonista sulla scena politica tutti i media si lanciano in lodi sperticate, specialmente se è un cosiddetto tecnico e arriva da destra. Sta succedendo con Draghi ed era già successo con Monti dieci anni fa. Era il salvatore della patria, un bocconiano preparatissimo, un uomo dal curriculum prestigioso.

Giornali e tv raccoglievano ogni giorno i suoi preziosi umori e ne esaltavano la competenza e lo stile compassato. Poi, giorno dopo giorno, si capì che lo sguardo del prof. Monti e dei suoi tecnici sulla realtà era molto simile a quello di una mucca che guarda un treno. Il taglio brutale delle pensioni e la conseguente nascita della categoria degli esodati ne fu la prova più eclatante. Certo, adesso i tempi sono cambiati, ma i toni entusiastici sono gli stessi.

Dicono che Supermario risolleverà il prestigio del paese in Europa, farà tornare i conti e, magari, sconfiggerà anche la pestilenza, come San Michele. Nessuno l’ha ancora detto, ma dategli tempo, siamo ancora all’inizio della storia. Dunque un grande innamoramento mediatico, un amore cieco, che sta crescendo anche se l’oggetto della passione, per ora, è sfuggente. Finora non ha detto una parola in più di quelle che è stato costretto a dire dal protocollo quirinalizio.

Qualcuno sospetta che sia poco simpatico e poco telegenico. Ma sono voci isolate che nessuno ascolta. Anzi qualcuno ha già cominciato a lodare il suo eloquio misurato e concreto. Per tutti i media è l’uomo della, provvidenza, il comandante che porterà la nave Italia fuori dalla tempesta e lontano dagli scogli. In effetti sembrerebbe l’uomo giusto per distribuire i 209 miliardi portati a casa da Conte. Chi potrebbe farlo meglio di lui, abituato a sparare miliardi con il suo famoso bazooka montato ai piani alti della BCE?

Tutti a dire che così ha salvato l’euro, ma nessuno ricorda a che prezzo. Nel 2011 ha firmato la famosa lettera all’Italia in cui si ordinava la politica lacrime e sangue che poi Monti avrebbe messo in atto e, come membro della Troika, nel 2015 ha sottoscritto lo strangolamento finanziario della Grecia. Nessuno menziona il fatto che da direttore del Ministero del Tesoro, carica che ha ricoperto per parecchi anni, ha portato a termine la privatizzazione di enti pubblici come Telecom, Eni ,Enel, Comit e altri ancora.

In questo momento di euforia isterica nessuno sembra nemmeno ricordarsi che i suoi lanci di denaro avevano sempre come bersagli banche ed imprese. Forse anche lui confidava nel fantomatico effetto cascata in base al quale dando i soldi ai ricchi, anche i poveri prima o poi ne traggono beneficio. Una sciagurata teoria sconfessata da quarant’anni di neoliberismo che hanno fatto aumentare le diseguaglianze e provocato crisi economiche ricorrenti.

Se distribuirà così anche i soldi del Recovery Found, alla fine a noi comuni mortali di tutto quel denaro non arriverà in tasca neppure un centesimo. Anzi, le nostre tasche rischiano di diventare ancora più vuote. Confindustria, il suo principale sponsor, ha già indicato quali dovrebbero essere i primi provvedimenti del suo governo, ovvero eliminare al più presto quota cento e il reddito di cittadinanza. Un inizio niente male.” 

Questo è lo sfogo di un amico a cui Draghi non è molto simpatico. L’ho pubblicato perché va contro corrente e, come in tutte le cose, un punto di vista diverso da quello prevalente può contribuire a capire meglio la situazione.

P.S.

L’immagine l’ho presa dal blog di Giorgio. Non ho saputo resistere. Troppo bella!

Sic transit gloria mundi

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Il primo cavaliere ce lo siamo giocato nel 2011, quando fu disarcionato da Merkel e Sarkosy.

Seguì Supemario Monti il prof che tutti ascoltavano in silenzio prendendo appunti.

Si presentò anche alle lezioni dove fu votato da parecchi suoi allievi. Ma solo qualche mese dopo, alla Bocconi già fingevano di non conoscerlo.

Poi venne Bersani che non vinse e non perse le elezioni del 2013. Non riuscì nemmeno a salire sul palco. Si fermò alle metafore.

Poco dopo arrivò sulla scena Enrico che di cognome faceva Stai Sereno. Ma da allora sereno non è più. E’ diventato rancoroso e poco incline a dimenticare il passato. Gli è rimasto sullo stomaco quel tizio di Firenze che gli ha soffiato la poltrona.

In seguito è emigrato in Francia, meta forse non scelta a caso, visto che da quelle parti son piuttosto permalosi. Infatti non hanno ancora mandato giù la conquista della Gallia da parte di Giulio Cesare.

Poi irruppe sulla scena Matteo uno il rottamatore fiorentino. Grandi applausi, tifo da stadio, consensi alle stelle. Trionfo alle europee. Ma due anni dopo arrivò implacabile il tonfo elettorale E’ bastato un no per mandarlo a casa.

Al suo posto sul palcoscenico è arrivato Gigetto nostro. Un terzo degli italiani aveva votato per lui, ma, in meno di due anni, hanno cambiato idea. Gli hanno preferito Matteo due, l’aspirante imperatore.

Il quale però già comincia a perdere colpi.

Il primo segnale è venuto dalla sbronza estiva che gli fatto perdere la poltrona e rivelato la sua intenzione di assumere non meglio identificati pieni poteri.

In vino veritas.

Poi si è messo in testa di conquistare Emilia Romagna.

Forse non si è ricordato quello che è successo a Matteo uno, che era convinto di poter strappare il Veneto alla Lega. Ma non andò proprio benissimo. Infatti vinse Zaia con largo margine.

Così anche per Matteo due è arrivata una sconfitta che ha interrotto la sua resistibile ascesa.

A quanto pare, nonostante tutto, la politica non è fatta solo di insulti e bieche sceneggiate da campagna elettorale.

Ma lui se ne frega. Infatti si sta già preparando per l’ennesimo tour elettorale in vista delle elezioni amministrative di primavera.

Se continua così quanto durerà? Ci giocheremo presto anche lui?

Possibile, anzi probabile.

Sic transit gloria mundi.