Piccole secessioni

Onda lunga del secessionismo leghista? Oppure inizio della macro regione del nord? Qualcuno potrebbe interpretare così il passaggio dei comuni di Montecopiolo e Sassofeltrio dalla regione Marche all’ Emilia-Romagna. Contano circa 2400 abitanti e si trovano sull’Appennino riminese.

Mercoledì scorso con 166 sì, 41 no e 12 astenuti il Senato ha dato il via libera definitivo al ddl che sancisce il cambio di regione dei due comuni.

Tutto ha avuto inizio nel 2007, quando un referendum sulla questione vide la schiacciante vittoria dei si. Cinque anni dopo, nelll’aprile 2012, la Regione Emilia Romagna aveva dato parere favorevole all’aggregazione. Mentre la Regione Marche aveva espresso parere negativo il 16 aprile 2016, sostenendo che il referendum di ormai 12 anni  prima non fosse più attuale.

Poteva diventare un caso politico nazionale, ma le polemiche sono rimaste a livello locale e senza toni accesi. Forse perché il decreto legge appena approvato prende semplicemente atto di una situazione di fatto ormai consolidata da anni.

I due comuni, infatti, erano già di fatto in Emilia Romagna visto che la maggior parte dei loro abitanti da anni lavorano e studiano nella regione confinante. Dove anche si curano visto che gli ospedali marchigiani sono molto più distanti.

Qualcosa di simile era già successo nel 2009 quando altri comuni appartenenti all’Alta Valmarecchia (Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli,il paese di Tonino Guerra, San Leo, Sant’Agata Feltria e Talamello) lasciarono le Marche per l’Emilia Romagna.

Quindi niente di nuovo sul fronte adriatico.

L’anomalia in questo come in tanti altri casi, è che ci sono voluti 14 anni per dar seguito al risultato di un referendum che aveva visto il si raggiungere l’84& dei consensi.

Il Pd, come sempre sul pezzo, si era schierato per il no.

Testa a testa

Quello della suspense è un espediente molto usato non solo nella valanga di romanzi, film e fiction polizieschi, che minaccia di travolgerci ogni giorno, ma anche nella cronaca politica. Specialmente in un periodo in cui le elezioni sono sempre in vista.

Se c’è un partito o un candidato nettamente favorito che nemmeno l’arrivo degli alieni potrebbe ostacolare, se ne parla poco. Il vincitore annunciato non fa audience.

Se invece c’è una sfida a due senza un netto favorito scatta subito un racconto pieno di suspense. Dopo aver scelto tra i tanti sondaggi quelli che prevedono il minor scarto possibile tra i due contendenti e si comincia a parlare di testa a testa.

La faccenda ormai sta diventando ridicola. A gennaio con le regionali in Emilia Romagna i sondaggi prevedevano un sfida all’ultimo voto, un arrivo al fotofinish tra Bonaccini e Borgonzoni. C’erano cascati tutti, ma non gli elettori, che hanno preferito il presidente uscente assegnandogli un vantaggio di otto punti.

Stesso copione per le regionali annesse al referendum. Non potendo parlare di arrivo in volata tra si e no, giornali e tv hanno annunciato con sicurezza appassionanti testa a testa in Toscana e in Puglia con l’implicita previsione di una possibile vittoria dei candidati di destra.

Qualche giornale aveva anche messo le mani avanti analizzando le cause dell’ennesimo insuccesso della sinistra. Una parola che per molti fa ancora rima con sconfitta. Come è stato per cinquant’anni e molti vorrebbero che continuasse così.

I media di destra ovviamente, ma anche quelli molto di sinistra, che non perdono occasione per criticare PD e dintorni e raccontarne i tormenti e le lunghe, laceranti e inutili discussioni interne vere, esagerate o inventate che siano..

Come facevano nel secolo scorso dove continuano a vivere.

Sic transit gloria mundi

images-2

Il primo cavaliere ce lo siamo giocato nel 2011, quando fu disarcionato da Merkel e Sarkosy.

Seguì Supemario Monti il prof che tutti ascoltavano in silenzio prendendo appunti.

Si presentò anche alle lezioni dove fu votato da parecchi suoi allievi. Ma solo qualche mese dopo, alla Bocconi già fingevano di non conoscerlo.

Poi venne Bersani che non vinse e non perse le elezioni del 2013. Non riuscì nemmeno a salire sul palco. Si fermò alle metafore.

Poco dopo arrivò sulla scena Enrico che di cognome faceva Stai Sereno. Ma da allora sereno non è più. E’ diventato rancoroso e poco incline a dimenticare il passato. Gli è rimasto sullo stomaco quel tizio di Firenze che gli ha soffiato la poltrona.

In seguito è emigrato in Francia, meta forse non scelta a caso, visto che da quelle parti son piuttosto permalosi. Infatti non hanno ancora mandato giù la conquista della Gallia da parte di Giulio Cesare.

Poi irruppe sulla scena Matteo uno il rottamatore fiorentino. Grandi applausi, tifo da stadio, consensi alle stelle. Trionfo alle europee. Ma due anni dopo arrivò implacabile il tonfo elettorale E’ bastato un no per mandarlo a casa.

Al suo posto sul palcoscenico è arrivato Gigetto nostro. Un terzo degli italiani aveva votato per lui, ma, in meno di due anni, hanno cambiato idea. Gli hanno preferito Matteo due, l’aspirante imperatore.

Il quale però già comincia a perdere colpi.

Il primo segnale è venuto dalla sbronza estiva che gli fatto perdere la poltrona e rivelato la sua intenzione di assumere non meglio identificati pieni poteri.

In vino veritas.

Poi si è messo in testa di conquistare Emilia Romagna.

Forse non si è ricordato quello che è successo a Matteo uno, che era convinto di poter strappare il Veneto alla Lega. Ma non andò proprio benissimo. Infatti vinse Zaia con largo margine.

Così anche per Matteo due è arrivata una sconfitta che ha interrotto la sua resistibile ascesa.

A quanto pare, nonostante tutto, la politica non è fatta solo di insulti e bieche sceneggiate da campagna elettorale.

Ma lui se ne frega. Infatti si sta già preparando per l’ennesimo tour elettorale in vista delle elezioni amministrative di primavera.

Se continua così quanto durerà? Ci giocheremo presto anche lui?

Possibile, anzi probabile.

Sic transit gloria mundi.

Suspense

images-1

Dicono che la merce più venduta in questi anni di crisi sia la paura. Ma c’è un altro ingrediente che nei menù quotidiani della tv non manca mai ed è la suspense. A volte finta a volte verosimile.

Mutuata dalla valanga di gialli, polizieschi e thriller che ci arrivano in casa 24 ore su 24, si trova dovunque.

Nelle telecronache calcistiche, dove il risultato è in bilico finché l’arbitro non fischia la fine. Anche se una delle squadre sta vincendo tre a zero. Oppure nelle gare di formula uno dove l’inseguitore ha sempre la possibilità di raggiungere e superare il battistrada anche se questo ha un giro di vantaggio. Mentre nelle gare di atletica, vista la loro brevità, ci si limita a pronosticare insistentemente un testa a testa.

Lo stesso accade quando si tratta di politica e di elezioni in particolare. Se ne comincia a parlare mesi e mesi prima e con sondaggi pagati a caro prezzo, alla mano, si pronostica un risultato sul filo del rasoio, al fotofinish, all’ultimo voto e via prevedendo. Molti sono convinti che la suspense aumenti l’audience e la usano fino al parossismo e allo sfinimento di lettori e telespettatori.

Delle elezioni in Emilia Romagna, ad esempio, hanno cominciato a parlare e a sputare sondaggi in ottobre.

Ormai da queste parti più dell’audience sta aumentando la voglia di andare a votare per porre fine allo strazio e soprattutto dimostrare che non sarà un testa a testa.
Alla faccia delle teste vuote dei pseudo esperti che dicono sempre le stesse cose con le stesse parole.