Stile identitario

Ormai abbiamo capito qual è il modus operandi della Meloni.

Da quando è al governo non va più in giro ad urlare che lei è una donna, una mamma e una cristiana. Non fa come Salvini che, tutti i giorni lanciava secchiate di odio soprattutto contro i migranti e si vantava dei provvedimenti presi contro di loro.

Lei ha uno stile diverso. Preferisce stare dietro le quinte. Il lavoro sporco lo lascia ai suoi ministri che spesso seguono la strada indicata dall’ex capitano andando anche oltre. Non è nemmeno andata a Crotone a rendere omaggio alle vittime del tragico naufragio come ha fatto Mattarella.

Intanto l’opposizione, per questa sua posizione defilata, fino a qualche giorno fa sembrava non accorgersi di quello che stava succedendo. Anzi, Letta e Bonaccini sono arrivati a dire che la Meloni  è brava e bisogna lasciarla lavorare. 

Con il cambio di segretario e la terribile strage di Crotone qualche reazione c’è stata. Sono state addirittura chieste le dimissioni di Piantedosi, anche se non ci saranno. Ma era il minimo che si potesse fare. 

Mentre i cosiddetti osservatori non sembrano badare molto a tutto ciò che non riguarda l’ambito economico. Questo governo sta seguendo fedelmente l’agenda Draghi, questo è l’importante. Il resto cosa volete che sia. 

Che importa se manganellano i giovani di  sinistra e lasciano che  quelli di destra li pestino. Che importa se vorrebbero una giustizia su misura per ricchi e potenti e se danno la caccia ai cinghiali e ai poveri.

Si tratta semplicemente di provvedimenti cosiddetti identitari che non possono fare a meno di prendere. 

Devono pur far vedere che, oltre a fare i compiti, nel tempo libero ci tengono a ribadire che sono di destra-destra, facendo magari qualche favore agli amici e tenendosi buoni i loro elettori.

Il lattaio

Da quando è nato il nuovo governo i giornali principali, in particolare quelli del gruppo Gedi, sono passati all’opposizione. Ogni giorno le loro cronache politiche fanno le pulci ai provvedimenti del governo Meloni. Stranamente ma non troppo, quello che esprime la critiche più feroci è l’Huffpost, la testata più a destra delle tre.

Alcuni dei suoi opinionisti arrivano a definire i politici al governo caricature di se stessi impegnati a inscenare una imbarazzante operetta che ogni giorno si arricchisce di episodi tragicomici. 

Repubblica e la Stampa non arrivano a tanto, ma sono comunque molto critici sui provvedimenti del governo. Anche Domani si è schierato contro il governo. A tal punto che Meloni lo ha querelato.

Che siano tutti diventati improvvisamente di sinistra? La Meloni ha fatto il miracolo? Oltre a quello di far sparire il Covid?

La realtà, forse, è molto più semplice. Gli editori e i loro finanziatori  non vedono di buon occhio la Meloni. Certo è di destra e questo va bene, ma è un pò troppo di destra e non lo nasconde. Cosa che può generare tensione sociale e, magari, anche se adesso appare una prospettiva remota, ridare vita ad una sinistra piuttosto spenta.

Poi, cosa molto importante, potrebbe non distribuire i soldi del Pnrr  ai soggetti giusti. Insomma la vedono come un’intrusa, una mosca nel latte dei loro affari.

Perché il loro lattaio preferito, adorato, era Draghi. E sperano che ritorni in persona o con un suo fidato collaboratore. Altro che sinistra.

Scomparsi o quasi

Da mesi non si sente quasi più parlare dei complottisti.  Quelli che protestavano per la dittatura sanitaria. Quelli che sostenevano che le mascherine non solo erano erano inutili, ma anche nocive per la salute. Che i vaccini  erano  pericolosi e contenevano microchip che ci avrebbero fatto diventare  automi in balia di Bill Gates e soci.

Quelli che denunciavano il complotto globale di di Big Pharma e protestavano per il green pass perché discriminante e inconstituzionale. 

Così ho fatto un giro sui social e sui canali tv che li ospitavano fino a qualche tempo fa.

In  tv quasi niente, mentre sui social ho trovato solo vecchi argomenti. Come quello della finta siccità estiva inventata dal governo Draghi per  chiuderci di nuovo in casa. Mentre, in realtà, i fiumi  e ruscelli straripavano.

E pensare che solo qualche mese fa i complottisti, ed in particolare i no vax, erano ospiti fissi  dei talk show insieme ai vari virologi infettivologi ed epidemiologi per un malinteso rispetto della par condicio, ma con grande rispetto per l’audience. Mentre adesso, con il virus che sembra in ritirata, i famigerati esperti si vedono sempre meno e con loro i no vax. 

Infatti su social e tv ho trovato ben poco. Ho pensato che, forse, dopo la frenetica attività della pandemia si fossero concessi un periodo di riposo oppure avessero avuto un momentaneo vuoto di idee.

Ma poi mi è venuto un dubbio: Forse ho guardato nei posti sbagliati. Magari avrei fatto meglio a cercare tra i membri del nuovo governo.

Bis?

Le prime indiscrezioni sulla composizione del nuovo governo dicono che avrà un folto gruppo di tecnici: Dovrebbero essere  dodici, ovviamente di destra, come tutti i tecnici. A quanto pare, infatti,  i tecnici di sinistra in natura non esistono. E nemmeno politici coerenti con le loro idee.

La Meloni, ad esempio, non appena ha capito di avere concrete possibilità di andare al governo ha dichiarato solennemente di non essere fascista. Per rafforzare questa sua affermazione ha detto, che, quando è nata, Mussolini era già morto da molto tempo.

Un’argomentazione non del tutto convincente. Infatti come ha fatto notare ironicamente Guccini, intervistato da Diego Bianchi, la Meloni  è cristiana, ma quando è nata Cristo era morto da parecchi secoli. 

Ma non importa. L’importante è adeguarsi  al nuovo ruolo, come fanno tutti. Cosa che lei fa con molta diligenza. Infatti, adesso che è sicura di essere a capo del nuovo esecutivo, non è più amica di Putin, ma dell’America e pronta a schierarsi dalla parte della Nato. Inoltre è anche diventata  sostenitrice della UE e dell’Euro e cercherà anche di non far aumentare il debito pubblico.

Alcuni, ma non troppi, forse avranno da ridire su questi comportamenti disinvolti, ma, che un politico cambi idea, è abbastanza frequente. In tanti, spesso, cambiano anche partito. Ormai nessuno si stupisce più. 

Ma qui  la notizia è un’altra. Queste prese di posizione sembrano tratte da una certa agenda della quale si è parlato molto nelle ultime settimane.

Quindi mettendo insieme tutti questi elementi, noi, da questi parti.  abbiamo il sospetto che il prossimo governo si chiamerà Meloni, ma, in realtà, assomiglierà molto ad un Supermario Draghi bis. Chissà!

Sintomi e cure

“Vi ricordate le polemiche scoppiate nel 2020 quando il covid colpiva ogni giorno migliaia di persone?

La medicina ufficiale in assenza di vaccini e antivirali efficaci indicava come cura aspirina, tachipirina e antibiotici. Farmaci in grado di alleviare i sintomi, ma non di sconfiggere il virus. Mentre complottisti ed esponenti di destra minimizzavano i fatti e sostenevano che per guarire sarebbe bastata la clorochina o qualche altro lava pavimenti.

In politica è successo qualcosa di simile. Il Conte 2 per curare le crisi economica e sociale proponeva misure paragonabili alla tachipirina, come il bonus per mettere a norma le case o l’RDC. Provvedimenti che servivano anch’essi solo ad alleviare i sintomi della crisi.

Poi con Draghi la cura compassionevole dei nostri mali è continuata, ma con meno convinzione.

Così molti italiani hanno pensato che la cura capace di guarire le nostre malattie ce l’avesse la Meloni.

Invece, probabilmente, con lei torneremo alla clorochina. Ma, forse, non sarà la sola medicina che ci prescriverà.. Per prudenza ha telefonato a Draghi per farsi prestare un po’ di aspirina o di tachipirina.”

Un amico medico ha fatto queste considerazioni, che mi sono sembrate divertenti e ho pensato di riportarle qui.           

Felici e scontenti

“Ma si, ma, in fondo cosa potrà mai succedere. Anche se vincerà la Meloni, alla fine dei conti non cambierà niente. Non sarà  certo la fine del mondo!”

Discorsi come questo si sentono spesso anche qui in periferia. Chi li fa, di solito, ha una sua teoria su come sono andate le cose negli ultimi mesi. Sostiene che. all’inizio della crisi di governo i più perplessi erano quelli di Confindustria delle banche e della finanza.

Probabilmente non se l’aspettavano che il loro uomo di fiducia, Mario Draghi, se ne andasse sbattendo la porta. Era stato chiamato a distribuire nel modo giusto, cioè a loro, il malloppo del Pnrr. Ma poi, amareggiato per la mancata salita al Quirinale, aveva perso la voglia di tenere a bada il mucchio selvaggio dei partiti di governo.

Dove Conte, impantanato nel caos dei 5Stelle, aveva deciso di lasciare la compagnia per tornare protagonista, ma non riusciva a decidere quando.

Mentre a destra ha prevalso la voglia di ridimensionare i 5Stelle ed andare alle elezioni che li vedono favoriti nonostante la lotta intestina tra Salvini e Meloni e i distinguo di Forza Italia.

A questo punto i maggiori destinatari dei miliardi europei hanno fatto il punto della situazione. Il vecchio Silvio ormai se lo erano giocato da tempo. Avevano sperato in Salvini, ma si era messo fuori gioco da solo e non sapevano più su chi puntare.

Poi si sono accorti che la Meloni con la sua silenziosa opposizione al governo Draghi stava guadagnando terreno. Quindi, non avendo alternative, hanno puntato su di lei.

Allora via con una valanga di sondaggi a lei favorevoli e con una martellante campagna di persuasione degli elettori dubbiosi. Da settimane ci assicurano che non è fascista, che è brava, bella e persino alta. Che con lei al governo non succederà niente di strano.

Quanto ai soldi ci penseranno loro a spiegarle come e a chi elargirli. Così lei, che non ha fatto e detto praticamente niente di concreto, si ritroverà a governare un paese senza colpo ferire. Intanto i soldi arriveranno a destinazione, nelle tasche giuste, che non sono le nostre, e tanto basta.

Per il resto lei rilancerà i suoi cavalli di battaglia come il blocco navale per impedire arrivi indesiderati, lo stop all’aborto e ai diritti degli LGBT e cose del genere. Per la felicità dei radical chic che potranno continuare a battersi su questi temi ingaggiando battaglie certo nobili e importanti, ma, visti i tempi che corrono, decisamente di retroguardia.

Il Pd tornerà volentieri all’opposizione, come una volta. Mentre per Conte che, nel frattempo si è liberato anche di Di Maio e soci, comunque vada queste elezioni saranno un successo personale, almeno al sud, isole comprese.

Quindi, alla fine tutti vivranno felici e contenti. Tranne noi. Che saremo felici per la fine di una noiosa e brutta campagna elettorale, ma, probabilmente, scontenti per il risultato.

Programmi

Una volta se qualcuno diceva che non aveva più senso parlare di destra e sinistra era subito definito di destra, oppure un qualunquista, ma sempre di destra. Oggi, invece, se qualcuno esprime un concetto del genere dice un’ovvietà. Almeno per quanto riguarda i partiti.

Infatti il famoso e fumoso programma dei partiti, quello che intendono mettere in pratica, una volta arrivati al governo. è lo stesso per tutti. Qualcuno lo mette nero su bianco in centinaia di pagine che nessuno ha mai letto né leggerà mai. Ma se qualcuno si prendesse la briga di leggerlo vi troverebbe i tagli alla spesa pubblica, ovvero alla scuola e alla sanità, l’età pensionabile sempre più avanzata, la privatizzazione di quello che è ancora pubblico, il taglio delle tasse ai più ricchi, finanziamenti a banche ad imprese, di solito a fondo perduto, ecc… Dimenticavo la riforma della giustizia, ma quella l’ha già fatta la Cartabia con Draghi.

Qualcuno, ogni tanto, spende qualche parola per i giovani e per quelli che vivono di un lavoro dipendente, ma di solito sono parole di circostanza che lasciano il tempo che trovano. L’unica differenza tra un partito e l’altro è il modo in cui verrà messo in pratica il programma. Che può essere lento e progressivo oppure più veloce e brutale.

Poi c’è chi cerca di sviare l’attenzione dando la colpa di tutte i nostri problemi agli immigrati, ai giovami che non hanno voglia di lavorare, all’Europa o al destino cinico e baro, ma la sostanza non cambia. Nessuno mette in dubbio il pensiero unico e la struttura economica neoliberista.

Mentre quelli che si ritengono molto di sinistra continueranno a battersi solo per i diritti degli LGBT o per una legge sull’eutanasia. Questioni delicate e importanti che avrebbero dovuto essere risolte già da tempo, ma che, con la situazione economica e sociale che abbiamo, non sono certo una priorità.

E pensare che c’è ancora qualche politico che non capisce come mai gli italiani non hanno più fiducia nella politica e quelli che vanno a votare sono sempre meno.

Sindrome di Stoccolma?

Sembrava fosse stato costretto dalle circostanze e dalle pressioni di Mattarella ad entrare nel governo Draghi. Ma poi, giorno dopo giorno, è diventato più realista del re.

Allo scoppio della guerra in Ucraina è stato uno dei primi a mettersi un elmetto in testa e ad approvare entusiasticamente l’invio di armi e l’aumento delle spese militari Ha votato le sanzioni anti Putin, che fanno più male alla UE che alla Russia, senza battere ciglio.

In poco tempo ha fatto propria la cosiddetta agenda Draghi, ovvero qualche briciola ai poveri caduta dal tavolo dei ricchi.

Eppure veniva dalla scuola della DC che insegnava a dare qualcosa a tutti, anche a chi lavorava per vivere. Ma qualcosa di tangibile, concreto e non una riduzione del fantomatico cuneo fiscale che induce pensieri poco ottimisti se non inquietanti.

Ad esempio la casa. L’INA casa voluta da Fanfani, un progetto per costruire case popolari ma dignitose per i lavoratori, fu un successo e venne apprezzato in Italia e addirittura preso a modello all’estero.

Oggi un politico che proponesse un progetto del genere verrebbe accusato, come minimo, di essere un vetero comunista e uno scialaquatore di denaro pubblico.

Forse lo stesso Letta gli lancerebbe accuse simili, sostenendo che i tempi sono cambiati e bisogna ammettere che anche il super bonus è stato uno sbaglio. Qualcuno potrebbe approfittarne senza averne diritto, come argomentava Draghi. Stesso discorso per il reddito di cittadinanza percepito da gente che non ha i requisiti richiesti e magari non ha neppure alcuna voglia di lavorare.

Non solo. Una volta caduto il governo, in vista delle elezioni  Letta, segretario di un partito che dovrebbe avere qualche reminiscenza di sinistra, intende scegliere i suoi alleati in base alla loro fedeltà al governo neoliberista uscente e senza dubbio di destra. Persino Brunetta va bene. E pensare che qualche anno fa concludeva i comizi col pugno chiuso.

A questo punto una domanda sorge spontanea: Letta ha mostrato il suo vero volto? Oppure è stato rapito da Draghi e dalla sua banda di migliori e adesso è vittima della sindrome di Stoccolma?

Il campo dei miracoli

Dunque  Draghi se n’è andato sbattendo la porta. Indignato per la pochezza dei politici che non hanno apprezzato la sua grandezza.

Adesso, ci vorrà un po’ di tempo, ma non troppo, per elaborare il lutto causato dalla grave perdita, soprattutto economica. Infatti come ci hanno spiegato con viva preoccupazione, i giornali nelle ultime settimane, un governo in carica solo per occuparsi dell’ordinaria amministrazione non potrà distribuire i soldi del Pnrr. Toccherà al prossimo governo e chissà in che mani finirà quella valanga di soldi. Sicuramente in mani meno esperte e meno amiche di banche ed imprese di quelle di Draghi il super banchiere.

Tra i tanti in lutto per dipartita di Draghi c’é n’é uno che sembra più inconsolabile degli altri: Enrico Letta. Ha dichiarato che passerà la campagna elettorale a denunciare i  congiurati che lo hanno tradito. Quindi niente più alleanza con Conte.

Meglio Di Maio che ha dimostrato di essere fedele a Draghi oltre che alla sua poltrona di ministro degli esteri. 

Mentre gli è venuto qualche dubbio su una possibile alleanza con Renzi. Quel cognome gli ricorda qualcosa di spiacevole. E poi anche lui, il senatore di Rignano, ha dichiarato che non entrerebbe mai in un’alleanza che comprendesse i 5stelle.

Ma non è detto che vada così. Infatti nel caso che si presentasse alle urne da solo avrebbe buone probabilità di non essere eletto. Quindi gli converrebbe entrare in qualche campo, largo o stretto che sia.

Mentre dall’altra parte Salvini pensa di essersi vendicato di Conte che lo cacciò dopo il Papeete.  Ma non ha pensato che dopo le elezioni ,probabilmente, la Meloni prenderà la guida del cdx e lui sarà un suo subalterno.

Mentre il vecchio Caimano sfuggito ai medici e alle badanti lancia promesse vecchie di quasi trent’anni che non fanno nemmeno più ridere.

Insomma i politici hanno già cominciato ad invitarci nel loro campo dei miracoli dove basta seminare un voto per vedere crescere, come per magia, un albero della cuccagna. Ma alle favole, ormai, non credono più nemmeno i bambini.

Operazione bis

Dicono che mercoledì scatterà l’operazione bis. Che non è quella del supermercato dove prendi due e paghi uno. Ma  vuol dire che prenderemo il Draghi bis e continueremo a pagare care bollette, benzina, alimentari e tasse. Anche Draghi stesso non sembra entusiasta di concedere il bis. Infatti chi lo conosce dice che preferirebbe lasciare la compagnia perché lui è un uomo di valore, non come quelle mezze seghe dei politici che non ubbidiscono ai suoi ordini e continuano a litigare tra di loro e a fare giochetti infantili come degli scolari indisciplinati. Ma lui è prima di tutto un servitore dello stato e visto che Mattarella lo ha invitato e restare, rifarà un governo con o senza Conte e soci.

Anche l’ex avvocato del popolo ha qualche problema. In teoria passare all’opposizione, potrebbe far aumentare i suoi scarsi consensi, visto che l’opposizione praticamente non esiste. Certo ritrovarsi in compagnia di Dibba e della Meloni sarebbe imbarazzante, ma non di più che stare insieme a Brunetta e alla Gelmini. 

Ma nel Pd, che in teoria dovrebbe essere suo alleato alle prossime elezioni, c’è chi è contrario al suo addio a Draghi. In particolare Franceschini che lo ha avvertito in modo perentorio. Se lascerà il governo dovrà dire addio anche all’alleanza con il PD. Ma Franceschini  ex DC sembra mosso anzitutto dal timore di perdere la sua adorata poltrona di ministro dei beni culturali che aveva ottenuto con il governo Renzi e mantenuta con Gentiloni. Quindi persa momentaneamente con il Conte 1, ma poi prontamente riconquistata con il Conte 2 e mantenuta con Draghi. Quindi magari  basterà assicurargli che la manterrà a vita e cambierà idea.

Ma quello che preoccupa di più il Conte di Volturara è un altro che si oppone alla sua partenza, quello che, a suo tempo, era il suo secondo santo in paradiso dopo padre Pio: Sergio Mattarella. Infatti finora non ha sfiduciato il governo né ritirato i suoi ministri. Ha solo alzato la voce per dare un segno di vita in vista delle prossime elezioni. Sta ancora pensando se fare le valigie o no.

Mentre per noi elettori spettatori se Draghi concederà il bis non cambierà molto. Anzi niente. Se invece, rinunciasse allora ci ritroveremmo subito in campagna elettorale. con la consueta noiosa sfilata dei soliti noti che non hanno niente da dire, ma vogliono dirlo lo stesso. Ma al CDX , dicono i sondaggi, tanto basterebbe per  vincere.

Mentre dall’altra parte, l’idea del campo largo con dentro Renzi e Calenda suscita sentimenti contrastanti. Risate, incredulità, disapprovazione e anche curiosità. Che Letta, alla fine, si sia davvero dimenticato ’“Enrico stai sereno?” Eppure, a suo tempo, sembrava che intendesse lavare l’onta con il sangue di Renzi…