Stile identitario

Ormai abbiamo capito qual è il modus operandi della Meloni.

Da quando è al governo non va più in giro ad urlare che lei è una donna, una mamma e una cristiana. Non fa come Salvini che, tutti i giorni lanciava secchiate di odio soprattutto contro i migranti e si vantava dei provvedimenti presi contro di loro.

Lei ha uno stile diverso. Preferisce stare dietro le quinte. Il lavoro sporco lo lascia ai suoi ministri che spesso seguono la strada indicata dall’ex capitano andando anche oltre. Non è nemmeno andata a Crotone a rendere omaggio alle vittime del tragico naufragio come ha fatto Mattarella.

Intanto l’opposizione, per questa sua posizione defilata, fino a qualche giorno fa sembrava non accorgersi di quello che stava succedendo. Anzi, Letta e Bonaccini sono arrivati a dire che la Meloni  è brava e bisogna lasciarla lavorare. 

Con il cambio di segretario e la terribile strage di Crotone qualche reazione c’è stata. Sono state addirittura chieste le dimissioni di Piantedosi, anche se non ci saranno. Ma era il minimo che si potesse fare. 

Mentre i cosiddetti osservatori non sembrano badare molto a tutto ciò che non riguarda l’ambito economico. Questo governo sta seguendo fedelmente l’agenda Draghi, questo è l’importante. Il resto cosa volete che sia. 

Che importa se manganellano i giovani di  sinistra e lasciano che  quelli di destra li pestino. Che importa se vorrebbero una giustizia su misura per ricchi e potenti e se danno la caccia ai cinghiali e ai poveri.

Si tratta semplicemente di provvedimenti cosiddetti identitari che non possono fare a meno di prendere. 

Devono pur far vedere che, oltre a fare i compiti, nel tempo libero ci tengono a ribadire che sono di destra-destra, facendo magari qualche favore agli amici e tenendosi buoni i loro elettori.

Una poltrona per due

Uno dei tanti interrogativi che aspettano una risposta in questo nuovo anno riguarda il futuro segretario di quello che è rimasto del PD. Tra i candidati alla scomoda poltrona soprattutto due hanno attirato l’interesse dei media: Stefano Bonaccini ed Elly Schlein. 

I giornali di destra che elogiavano Letta, come colui che aveva rimesso in carreggiata il partito, sembrano preferire Bonaccini  forse con la speranza che prosegua sulla via tracciata dal segretario terminale, quella che porta alla sconfitta. Non vogliono che il PD si sciolga, ma che rimanga com’é, un coacervo di correnti litigiose e inconcludenti.

Bonaccini, secondo loro, potrebbe essere l’uomo giusto. Dopo tutto anche se viene dal PCI, si era convertito al renzismo, da cui non ha mai preso le distanze. Fosse ancora del tutto o in parte renziano, come dimostra la sua costante attenzione per le imprese, la scelta della PIcerno come vice e l’accordo con Nardella, per loro andrebbe benissimo, perché, in questo caso, potrebbe presto diventare il curatore fallimentare del partito accompagnandolo in una lenta agonia. Dunque un avversario ideale. 

Ben diverso è il loro atteggiamento nei confronti di Elly Schlein. La considerano una pericolosa sovversiva, una comunista che vuole cambiare lo status quo nel quale loro sguazzano da anni. Dal loro punto di vista è un giudizio del tutto normale quasi ovvio. Ma non sono i soli a pensarla così.

Infatti anche da sinistra piovono critiche. Alcune vengono dall’interno del partito. Altre, invece, sono uscite soprattutto dalla bocca di esponenti della sinistra salottiera che vede la Schlein come la rappresentante di una sinistra radicale post comunista morta e sepolta da anni. La sua intenzione di sciogliere le correnti? Semplicemente patetica. Il fatto che è una donna e una faccia giovane e nuova? Ininfluente. Insomma, una stroncatura in piena regola.   

Magari questi preferirebbero Cuperlo che è uno di loro, anche se qualcuno, ricordando i suoi tentennamenti ai tempi del governo Renzi, pensa che sarebbe più adatto a fare il segretario del PDI, il partito degli indecisi.

Un amico, militante del Pd nonostante tutto, come lui stesso si definisce, sostiene che Bonaccini  rappresenta la discontinuità pur nella continuità. O viceversa. A me è sembrata una definizione simile alle leggendarie convergenze parallele, ma non ho ribattuto.

Mentre ritrovarsi la Schlein come segretario, sempre secondo lui, sarebbe un salto nel vuoto, nell’ignoto e impervio territorio della sinistra.  Per spiegarmi meglio il concetto ha detto: “L’ho sentita dire che bisogna superare il neoliberismo perché ha causato disuguaglianze e crisi economiche, ma non propone un’alternativa. Sostiene anche che bisogna accelerare la transizione verso fonte di energia rinnovabili trascurando l’alto costo economico che questo comporterebbe, soprattutto a carico delle imprese. Inoltre, nonostante vada in giro a dire che in caso di vittoria chiederebbe a tutti di dare una mano, ha dichiarato più volte che Renzi è uno stronzo. Non ha detto proprio così, ma il senso delle sue parole era questo.”

Se questa fosse solo l’opinione di un militante periferico conterebbe poco, ma, a quanto pare, è anche quella di tanti dirigenti del partito che hanno già scelto Bomaccini come segretario anche perché è considerato il probabile vincitore delle primarie. Quindi è meglio affrettarsi a salire sul suo carro.

Intanto i due candidati a chi gli chiede che differenze ci siano tra di loro, non rispondono e si manifestano stima reciproca. Eppure, almeno in teoria, rappresentano le due facce di un partito diviso tra chi ha ormai accettato lo status quo neoliberista e chi vorrebbe cambiarlo.

Per questo è nato il sospetto che alla fine vogliano continuare a far convivere le due anime del partito con lui segretario e lei vice, come hanno fatto in ER fino a poco tempo fa. Forse pensano che, in questo modo, si eviterebbero ulteriori scissioni, ma  c’è il rischio che il partito rimanga com’è, indeciso su tutto e inoffensivo.

Chissà cosa ne pensano i potenziali elettori, soprattutto quelli che dai tempi di D’Alema aspettano ancora un segretario che dica qualcosa di sinistra.

Ai gazebo l’ardua sentenza.