Il postino di Luigi

Il nascondiglio sembrava sicuro. Era una vecchia cisterna dove una volta venivano raccolti i liquami della stalla. Lo aveva messo a disposizione dei partigiani Luigi il  contadino e loro l’avevamo imbiancata e resa in qualche modo abitabile.

Vi si accedeva dal portico dopo aver sollevato un pesante coperchio di cemento che era sempre coperto dalla paglia e da un carro carico di fieno. Nella parte fuori terra della cisterna avevano ricavato delle aperture da dove potevano tenere d’occhio la strada.

Quella mattina di fine febbraio, mentre l’ultima neve si stava sciogliendo, videro sbucare da dietro una curva una dozzina di soldati tedeschi e qualche camicia nera. Ivan il polacco appoggiò il suo lungo fucile da cecchino ad una delle aperture pronto a fare fuoco, ma Giorgio, il comandante, lo fermò.

Aveva visto con il binocolo che i soldati erano preceduti da un uomo. Ogni tanto  si fermava e quelli lo spingevano avanti colpendolo con il calcio dei fucili. Luigi, che stava lavorando nella vigna vicino alla strada, riconobbe Pietro, il postino del paese che, infatti, aveva la borsa della posta  a tracolla. Conosceva bene quell’uomo che aveva una moglie e quattro figli ancora piccoli.

Allora si diresse subito sulla strada ed arrivò alle spalle dei soldati. “Cosa succede Pietro, avete la scorta stamattina? “Andatavene Luigi! Questi vogliono che li porti nella casa dove, secondo loro, sono nascosti partigiani. Andatevene.!ripetè Pietro visibilmente spaventato.

“Lo so io dove sono nascosti”- disse Luigi rivolto ai sodati. 

“E dove sarebbero, secondo voi?” -chiese quello che sembrava il comandante.

“Fino a pochi giorni erano in un fienile abbandonato poco distante da qui.”Vi ci porto io, ma lasciate andare il postino, lui non sa  niente. “

“Quest’uomo mente! Sappiamo che è antifascista e che in passato ha aiutato i partigiani. Magari adesso sono a casa sua!”.- disse una delle camicie nere.

“Perché non venite a controllare?”- rispose Luigi tutto d’un fiato, contando sulla sicurezza del suo nascondiglio.

Il comandante, convinto dal tono deciso di Luigi, diede uno strattone  a Pietro, che corse via,  e fece cenno a Luigi di prendere il suo posto. Ma una camicia nera estrasse la pistola e sparò un colpo in direzione di Pietro che subito cadde nella neve. Luigi avrebbe voluto soccorrerlo, ma due soldati lo trattennero e lo costrinsero ad andare avanti.

Un attimo dopo si sentì un rumore, breve, acuto, secco come uno schiaffo. La camicia nera che aveva sparato a Pietro cadde a terra ferita. Ivan il polacco, aveva colpito ancora.

I soldati si buttarono a terra e cominciò una breve sparatoria. Ma i colpi andarono a vuoto perché i contendenti erano troppo lontani. L’unico fucile che poteva coprire la distanza era quello di Ivan, ma, con suo grande disappunto, si era inceppato. Poco dopo gli spari cessarono e il comandante tedesco ordinò la ritirata.  Probabilmente aveva pensato che erano allo scoperto e, se fossero andati avanti, sarebbero diventati un bersaglio facile.

Intanto Luigi ,approfittando della confusione, si era allontanato. Aveva raggiunto il vicino bosco di castagni dove aveva trovato Pietro, tremante, ma illeso. La sua pesante e spessa borsa di cuoio aveva fermato la pallottola ed era rimasto incolume. 

I partigiani temevano che i tedeschi tornassero più numerosi e agguerriti, ma non tornarono più e in Aprile la guerra fini.

Da quel giorno Pietro non smise mai di ringraziare la Madonna, alla quale era molto devoto, e Luigi per averlo salvato da quella situazione pericolosa. 

Questa storia me l’ha raccontata mio zio, tanti anni fa. Luigi era suo padre, il mio nonno materno.

Buon 25 Aprile a tutti!

C’era una volta

C’era una volta il 25 Aprile. Era la festa di tutti tranne che dei fascisti che se ne stavano in fondo a destra a ricordare i bei tempi del Duce. Poi un tizio di Arcore ha pensato bene di farli uscire dal loro angoletto perché gli sarebbero serviti per vincere le elezioni e tutelare i suoi interessi.

Nelle sue televisioni cominciò così una campagna di revisionismo storico senza precedenti. La Resistenza fu ben presto ridotta a guerra civile, a derby tra fascisti e comunisti, come dichiarò il futuro DJ del Papeete nel 2018.

I partigiani da combattenti per la libertà diventarono feroci assassini assetati di sangue che uccidevano chiunque non la pensasse come loro. Dispiace ricordare che uno dei più accaniti sostenitori di questa tesi è stato Giampaolo Pansa, che raccontò decine e decine di crimini commessi dai partigiani rossi, però senza fare né nomi né cognomi, ma solo soprannomi.

Ancora oggi, ogni tanto, si sente ripetere che il Duce fece anche cose buone. Con il risultato che il 25 Aprile da festa di tutti è diventata una ricorrenza divisiva. Orribile espressione che rivela come l’antifascismo sia stato ridotto a semplice opinione da esprimere solo in presenza di un contraddittore con idee opposte. Per rispettare la par condicio, naturalmente.

Dopo due anni di pandemia e manifestazioni virtuali, sembrava difficile riuscire nel solito gioco di sminuire il significato della ricorrenza. Ma poi è arrivata la guerra e la censura.

Quindi non si possono avere dubbi sull’accostamento tra la resistenza e ucraina a quella italiana e non si possono esprimere idee pacifiste. Altrimenti si viene subito accusati di intelligenza col nemico.

A proposito di pacifisti ,ieri sui giornali più diffusi non c’era una riga sulla marcia di Assisi. La guerra deve continuare.

Festa in famiglia

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Se non fosse arrivato quel maledetto virus oggi ci sarebbero le piazze piene con tanta gente a cantare, ancora una volta, Bella ciao. Sarebbe stata un’occasione per dire un altro no al sovranismo arrembante. A chi lo scorso anno definì il 25 Aprile un derby tra fascisti e comunisti e a tutti quelli come lui.

Invece ci ha pensato il Covid a mettere all’angolo Salvini e i sovranisti e a risvegliare sentimenti che sembravano ormai sopiti.

Infatti oggi anche se le piazze sono vuote, tanti di noi apprezzano più che mai la libertà e la democrazia nate dalla resistenza quel giorno di 75 anni fa.

L’impossibilità di muoversi, di riunirsi, di discutere ci hanno fatto capire quanto siano importanti quei valori. Ormai sembravano solo parole fuori moda ma poi, di colpo, hanno riacquistato il loro pieno significato.

Chiusi in casa sogniamo la libertà che ci sembrava così scontata e banale ma non lo era affatto.

Cerchiamo di non dimenticarlo.

Buon 25 Aprile a tutti.