
Da quando sono nati, i social media sono diventati oggetto di studio da parte di molti studiosi. Ad oggi sono disponibili ponderosi volumi sull’argomento.
L’aspetto più rilevante che emerge in tutti gli studi è la faziosità. Ovvero la capacità di facebook, twitter, e simili di diffondere rapidamente contenuti faziosi e, spesso, anche falsi. La possibilità di rilanciare i messaggi crea un effetto valanga che travolge gli utenti.
Come nel caso delle ormai famose fake news che arrivano direttamente e in tempo reale a milioni di utenti. I politici, che già erano faziosi per definizione, hanno subito approfittato di questa caratteristica dei social.
La possibilità di rivolgersi direttamente a sostenitori e simpatizzanti era troppo ghiotta per lasciarsela sfuggire. Così dai loro profili hanno cominciato a tenere comizi quotidiani, particolarmente utili nell’epoca delle campagne elettorali permanenti.
Da noi il livello di faziosità ha iniziato a crescere già negli anni novanta. Poi, con l’arrivo dei social, in pochi anni è diventato talmente alto che distinguere una notizia vera da una falsa è diventato un esercizio sempre più difficile.
Anche perché i media tradizionali, giornali e tv, spesso rilanciano i messaggi social dei politici senza nessun commento critico, come se fossero dati di fatto e non opinioni.
Nel secolo scorso c’era chi studiava la differenza tra la realtà e la sua rappresentazione da parte del potere tramite il cinema, i giornali e la tv. Ne emergeva sempre la distanza tra la realtà e lo specchio deformante della sua messa in scena. Oggi, invece, la realtà non esiste quasi più. La sua rappresentazione ha preso il sopravvento.