Avrei voluto andare al mare, come sempre. Di solito ci andiamo tra le fine di Giugno e l’inizio di Luglio, ma quest’anno mia moglie è riuscita ad avere le ferie solo a cavallo di Ferragosto e al mare era tutto pieno. Così siamo andati nel nostro eremo appenninico, la casa costruita dal nonno di mia moglie.
Una grande casa che doveva ospitare lui sua moglie e i loro sette figli. Si trova in un piccolo paese di duecento anime dove l’unica attrattiva è una trattoria aperta da poco. Da qualche anno è arrivata addirittura la fibra, ma noi abbiamo disdetto il telefono fisso da tempo e dobbiamo accontentarci di un debole segnale che entra dalla finestra della cucina. Di solito i miei soggiorni lassù sono noiosi, ma quest’anno in paese c’era una certa agitazione. Infatti quelli dell’unico caseificio hanno deciso di aprire uno spaccio dove vendere direttamente i loro prodotti.
C’è stata l’inaugurazione e la benedizione del parroco con la presenza del sindaco del paese limitrofo che è grande abbastanza da fare comune. I soci del caseificio desideravano comparire sulle pagine che il giornale locale dedica alla cronaca della provincia e hanno chiesto aiuto a me. Ho accettato con piacere visto che non avevo niente altro da fare. Ho contattato la redazione non senza difficoltà e ho spedito l’articolo con relativa foto di gruppo dei soci. Questo succedeva di martedì. La domenica dopo non era stato ancora pubblicato.
Erano tutti delusi e amareggiati e qualcuno, sotto sotto, cominciava a dare la colpa della mancata pubblicazione a me. Allora ho cominciato a spedire email di sollecito al giornale e il glomo dopo l’articolo è stato pubblicato con un certo risalto. Ma c’era una nota stonata.
La firma non era la mia ma quella di un corrispondente da un paese vicino. Alle mie proteste il caporedattore mi ha detto che si è trattato di un errore dell’impaginatore che vedendo un articolo proveniente da quella zona aveva pensato che fosse del corrispondente abituale. Ho chiesto un’errata corrige, ma mi hanno spiegato che non era possibile perché non sono un loro collaboratore.
In tanti anni passati a scrivere per giornali e riviste una cosa del genere non mi era mai successa.
In compenso. però, ho ricevuto da uno dei soci del caseificio un sostanzioso omaggio: una micca di pane fatto in casa.
Ho lottato con un giornale locale per otto anni 🙂 quanti articoli rimasti da parte per settimane e poi pubblicati ormai vecchi… tra l’altro ne scrissi uno proprio su un caseificio che non fu mai pubblicato
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Hai tutta la mia solidarietà.
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