La lingua di Dante

So che tra di voi ci sono degli insegnanti. Alcuni ancora in attività, altri in pensione. Ebbene, qualcuno ha lanciato un ‘j’accuse contro di voi.

Un certo Donaera su Domani, sostiene che dovreste smetterla di tormentare i giovani con le vostre lezioni sulla purezza della lingua italiana che, secondo voi, loro storpierebbero quotidianamente con gerghi giovanili e parole ed espressioni prese in prestito dall’inglese.

La vostra intransigente difesa della lingua di Dante e Leopardi, oltre ad essere stucchevole e fuori dal tempo, potrebbe  nuocere gravemente ai ragazzi. In particolare a coloro che disgraziatamente, volessero seguire le vostre pressanti raccomandazioni e parlare l’italiano dell’Accademia della Crusca.  Così  facendo, infatti, andrebbero incontro al dileggio e all’emarginazione. Poiché dopo un po’, finirebbero per parlare una lingua diversa da quella dei loro coetanei  che comincerebbero a guardarli con  sospetto e ad evitarli.

Ma voi, noncuranti di questo terrible pericolo, continuate a tormentare i ragazzi con le vostre rampogne spinti da pregiudizi ideologici novecenteschi.

Intano la nuova lingua, moderna e flessibile, avanza all’insegna del “parla come mangi”. Una regola seguita da tutti quelli che, da decenni, parlano come scrivono In particolare sui giornali e in certi romanzi usa e getta. 

Il problema, da un punto di vista puramente linguistico credo sia questo e il nostro, evidentemente, vuole continuare su questa strada. 

Ma l’intenzione del tizio e del suo giornalino credo che non sia quella di difendere la libertà di espressione, ma di accreditare l’esistenza di una guerra dei vecchi contro i giovani. Infatti se la prende in particolare con gli insegnanti in pensione che più di tutti si ostinano a tirare le orecchie ai giovani per il loro linguaggio. 

Non a caso, un paio di giorni fa, il direttore di quel piccolo giornale, sosteneva che tutte le difficoltà dell’occidente nascerebbero dalla guerra dei vecchi contro i giovani. Sono loro, i più anziani che li sfruttano offrendo loro contratti capestro e stipendi da fame probabilmente spinti dalla cupidigia e dall’invidia per la loro giovane età.  

Insomma, i mali del mondo dipendono da una banda di sadici anziani e non dal neoliberismo imperante che da quarant’anni impoverisce tutti senza distinzioni di età. Non dipendono nemmeno dal fatto che sia sostenuto da tutti i politici. Anche da quelli che dovrebbero essere di sinistra, ma si limitano a sporadici tentativi di limitare i danni. 

Mentre adesso non fanno più nemmeno quello e applaudono uno come Draghi che è, da sempre, un campione di neoliberismo. 

Lo stesso fa ogni giorno Domani che avrebbe dovuto essere un giornale di sinistra.

1 commento su “La lingua di Dante”

  1. Io ho insegnato italiano per molti anni. Penso che esistano due esigenze diverse e ugualmente importanti: da una parte, con buona pace di Donaera, la scuola deve insegnare un buon italiano, moderno e non paludato ma corretto e chiaro, perché conoscere la propria lingua è indispensabile per capire e comunicare. Esiste poi la lingua poetica, la libertà di espressione, la creatività, il gergo: anche questo aspetto ha la sua importanza ed è bene che la scuola riservi spazio anche a esso, non dimenticando però che la conoscenza di una lingua veicolo di comunicazione è essenziale ed è compito precipuo della scuola aiutare i ragazzi a impadronirsene nel modo migliore.
    C’è poi un altro risvolto ancora, ed è lo studio della letteratura. In questo caso lo studente si cimenterà con Dante e Leopardi, ma anche con autori più vicini a lui, anche ad autori sperimentali

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