Diritto e castigo

Quando Enrico Letta ha rilanciato i tema dello ius soli l’eco è arrivata anche qui in periferia suscitando sorpresa, apprezzamento, ma anche qualche perplessità sostenuta da motivazioni a volte incredibili.

Come questa che ho letto in un giornale locale, qualche giorno fa. Si trattava del problema dell’immigrazione per arrivare allo ius soli. Il ragionamento dell’autore si sviluppava attorno a tre punti cardine. Anzitutto sosteneva che la religione islamica  ha ispirato migliaia di terroristi e quindi è una pericolosa dottrina che minaccia l’occidente. Considerazioni banali e già sentite in tutta la loro stupidità.

Ma poi si lanciava in una serie di considerazioni inedite, almeno per me, sullo ius soli. Una legge sbagliata perché imporrebbe la cittadinanza italiana anche a chi non la vorrebbe. In questo caso un neonato, che dovrebbe esprimere subito e chiaramente la sua opinione in materia.

Comunque,  quello posto dai sostenitori della legge è un falso problema, proseguiva imperterrito l’articolista, perché i bambini stranieri  nati in Italia hanno già la possibilità di avere la cittadinanza: devono solo aspettare  di compiere diciotto anni. 

Ma anche in questo caso,  e ancora di più con una eventuale legge sullo ius soli, possono sorgere serie complicazioni. Una soprattutto preoccupa il nostro. 

L’eventualità che un bambino straniero nato in Italia e, dunque automaticamente nostro connazionale, da grande  possa radicalizzarsi e diventare un jhidaista pronto a portare distruzione e morte nel paese che lo ha benevolmente accolto.

Certo questo, in teoria, potrebbe succedere, anche se speriamo che tra vent’anni il terrorismo islamico sia solo un brutto e lontano ricordo.

Tuttavia il nostro si preoccupa di un  altro aspetto che potrebbe sfuggire ai più, ma non a lui, che è una mente acuta. Si chiede infatti, come dovremo comportarci con quel bimbo se, da grande, dovesse diventare pericoloso, visto che non potremo espellerlo e rimandarlo al suo paese poiché sarebbe italiano a tutti gli effetti?

Un bel dilemma non c’è che dire.

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